lunedì 5 gennaio 2015

Perchè "juventus - Inter" è "juventus - Inter"

juventus* - Inter, forse ancor più di Inter - juventus, è la partita che io (e credo buona parte degli Interisti) sento di più.

Un altra volta parlerò di aneddoti, episodi, serie A e serie B, gesta più o meno edificanti... ma questa volta, visto che è la prima, voglio invece spaziare nell'aspetto storico-filosofico del confronto.

E' cosi complesso e difficile sviluppare tutti i concetti racchiusi nella frase sopra, che non posso fare a meno di utilizzare, per esporli nella loro massima espressione, due pezzi di un vero maestro della filosofia, il mai dimenticato ed indimenticabile professor Elio Matassi.

Buona lettura.

  

- Inter e Juventus. Profanazione e secolarizzazione - 

La genealogia dei concetti, la storia del calcio e, più in particolare, quella di due squadre alternative come Inter e Juventus sono strettamente intrecciate. Il punto di partenza di questo intreccio concettuale si può ritrovare nell’interconnessione tra dimensione giocosa e dimensione sacrale.

E’ indispensabile tener presente che la maggior parte dei giochi conosciuti e, dunque, anche il calcio, deriva da antiche cerimonie sacre, da rituali e pratiche divinatorie che un tempo erano di competenza dell’ambito religioso. Per esempio, alle origini, il girotondo era un semplice rito matrimoniale, giocare con la palla, invece, rappresentava la competizione degli dei per il possesso del sole, mentre i giochi d’azzardo derivano da pratiche oracolari e la scacchiera rappresentava uno strumento di divinazione.

L’interpretazione più sottile della relazione tra giocosità e ritualità è stata compiuta da Émile Benveniste, che ha chiarito come il gioco, pur provenendo dalla sfera sacra ne costituisca in qualche misura anche il capovolgimento. Se la potenza dell’atto sacro risiede nel coniugare mito narrante e rito riproducente, il gioco lacera questa unità: come ludus, o gioco di azione, esso lascia cadere il mito conservando il rito; come Jocus, invece, ossia come gioco di parole, cancellando il rito lascia sopravvivere il mito. Con Benveniste: “Se il sacro si può definire attraverso l’unità sostanziale del mito e del rito, potremmo dire che si ha gioco quando soltanto una metà dell’operazione sacra viene compiuta, traducendo solo il mito in parole e solo il rito in azioni.”

Da questa polarità concettuale Giorgio Agamben mutua il concetto di ‘profanazione’: l’atto della profanazione implica il passaggio da una forma di credenza, ormai percepita come falsa e oppressiva, a una forma di negligenza che rende invece più autentica la credenza stessa.

A questo punto dell’argomentazione di Agamben entra in scena una seconda polarità concettuale, quella fra secolarizzazione e profanazione. Se la secolarizzazione è “una forma di rimozione che lascia intatte le forze”, la profanazione, invece, “implica una neutralizzazione di ciò che profana”. Si tratta, in entrambi i casi, di un’operazione politica: mentre la secolarizzazione ha a che fare con l’esercizio del potere, la profanazione, disattivandone i dispositivi, restituisce all’uso comune gli spazi che il potere aveva di fatto confiscato.

Secolarizzazione e profanazione sono una coppia concettuale che può trovare compiutamente un terreno d’applicazione nelle due squadre alternative per eccellenza: la Juventus sta alla secolarizzazione come l’Inter alla profanazione.

Se la secolarizzazione distrugge l’essenza stessa del gioco, appiattendosi nell’omogeneità più radicale, la profanazione, diventando il compito ‘politico’ del nostro tempo, restituisce dignità al calcio come ad ogni altra dimensione competitiva e innocente. Se le epoche della Juventus rappresentano la sanzione estrema della secolarizzazione, le epoche dell’Inter, molto più circoscritte ma intense e pregnanti, definiscono la profanazione.

Il quinquennio interista (2006-2010) ha segnato il momento culminante della profanazione, scandito, non a caso, dalle lamentazioni di tutti i nostalgici della secolarizzazione, che sono tornati d’attualità negli ultimi due anni con la ripresa juventina.

Ma gli araldi della nuova profanazione sono già all’opera….



- Il potere e la gloria. Juventus e Inter -

Il “potere” non è un’espressione necessariamente dispregiativa; la assumo, infatti, nello stesso significato di una delle opere capitali del Novecento, Massa e potere di Elias Canetti: “potere” come volontà di affermazione, di autoaffermazione contro tutto e tutti, che nasce “dal basso” e non come forma di governo che cade “dall’alto”.

Leggo, invece, la “gloria” nello stesso significato attribuito da Emanuele Severino nel suo scritto del 2001, La gloria, dove si recita: “Essere la Gloria significa essere la costellazione infinita dei gloriosi”; e poco prima: “il linguaggio del mortale sente nel “glo-rioso” l’“acclam-ato”, il “chiam-ato” che è posto sul piedistallo dalle voci acclamanti della folla di chi sta al di sotto” (La gloria, Adelphi, Milano, pp. 155-56, passim).

Mentre il potere si afferma e si esercita in primo luogo contro gli altri, la gloria rappresenta una dimensione di compimento che coinvolge in primo luogo noi stessi, una sfida e una competizione non orizzontale, ma verticale, che riguarda lo stesso protagonista di tale compimento.
 
Si tratta di due rappresentazioni concettuali e filosofiche che ritrovano, a mio avviso, un’esemplificazione compiuta in due squadre di calcio: il potere sta' alla Juventus come la gloria all’Inter.

La Juventus, infatti, è la squadra italiana con il maggior numero di scudetti (per l’esattezza 28) e anche quella che si avvale del maggior numero di tifosi, circa 14 milioni. Molti sostengono che la Juventus rappresenti compiutamente il sistema-Italia, con i suoi pregi e i suoi difetti.

L’Inter, invece, vanta, sul piano nazionale, un curriculum più povero – ha soltanto 18 scudetti – e più ricco su quello internazionale, tre Coppe dei Campioni contro le due della Juventus, tre Coppe Intercontinentali contro le due della Juventus, ma soprattutto il compimento della Gloria nella stagione 2009-2010 con la storica conquista del triplete, mai raggiunto da una squadra italiana, ossia la vittoria, nella stessa stagione, dello scudetto nazionale, della Coppa dei Campioni e della Coppa Italia.

I tifosi dell’Inter sono solo 8 milioni circa, ma si tratta di una minoranza elitaria con una vocazione “universalistica” che va ben al di là del territorio nazionale. L’Inter si caratterizza, infatti, per il progetto degli “Inter Campus”, un messaggio internazionale di civiltà e di progresso in cui possano riconoscersi tutti i bambini poveri dei diversi continenti. Il calcio come veicolo di pace, di fratellanza e solidarietà fra tutti i popoli.

Il vero termine di confronto per l’Inter, insomma, è l’Inter stessa: sfidare in primo luogo se stessa nel conseguimento della perfezione e della gloria.

L’Inter è per la qualità delle vittorie, la Juventus è per la quantità. L’Inter è una squadra problematica con improvvise cadute e rare resurrezioni, la Juventus e la sua dirigenza hanno sempre, invece, pronunciando sentenze inappellabili, certezze assolute.

Il giovane presidente della Juventus, Andrea Agnelli, presume di avere dentro di sé la certezza del diritto, l’unità di misura della colpevolezza e dell’innocenza. L’allenatore Conte è innocente per definizione. Per carità, io che sono per il primato dell’etica e che conosco la fallibilità della giustizia umana, non mi sento di escluderlo; quello che mi spaventa è questa certezza incondizionata, senza possibilità di replica. Il presidente dell’Inter Facchetti, morto di cancro in età prematura, è invece colpevole per definizione, anche se non c’è stato rinvio a giudizio, data la prescrizione dell’eventuale reato, e dunque non vi è stata condanna alcuna.

La disgiunzione tra il potere e la gloria non si esaurirà mai, ma si perpetuerà nei secoli proprio con le stesse cadenze che ho cercato di riassumere sommariamente.

(Elio Matassi)

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La scelta di questi pezzi del professor Matassi non è casuale. Li ho scelti perchè, oltre che eccezionalmente espressivi, ricordo quanto piacquero anche a Franco (con cui condivideva anche una passione felina) e quanto ne disquisimmo in merito cercando di capire come e perchè una persona dall'acuta intelligenza e cultura filosofica del prof. Elio Matassi si spingesse a scrivere di questo, in questa maniera passionale e brillante.

E la risposta a cui giungevamo era sempre la stessa: è Interista.

L'ulteriore cosa meravigliosa dell'essere Interisti, è aver ricevuto doni del genere da persone come il Professor* Matassi ed il Giornalista* Bomprezzi. 

Buon juventus - Inter a tutti. 

- Charms -


*mi si conceda di utilizzare la minuscola/maiuscola iniziale in maniera tifosamente, se non anche eticamente, corretta.

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