giovedì 27 marzo 2014

Un Problema Pluriennale



Leggo (e mi fa piacere, a scanso di equivoci) i commenti dei Serinaschesi sull'ennesima, millesima, milionesima ladrata dei ladri, e mi torna in mente un vecchio discorso che, quando scrivevo da altre parti -- all'epoca l'Inter vinceva a mani basse -- mi causava accuse di complottismo (o, assai più fastidioso, "gombloddismo"). Accuse assurde, in realtà, come se un Complotto possa definirsi tale soltanto se va a buon fine (di questa stregua, il Golpe Borghese non sarebbe mai avvenuto).


Il problema (per gli altri, ma anche una buona fetta di tifosi interisti) era che quella Inter, quella del Mancio prima e di Mourinho poi, era talmente più forte della concorrenza che vinceva comunque. Ricordo il famigerato Inter-Sampdoria di Tagliavento, con l'Inter in 9 che nel secondo tempo relegava la Samp in 11 impaurita nella propria area, per esempio.


Ma la volontà di danneggiare esisteva eccome. Le allucinanti squalifiche "ad hoc", il metro arbitrale sempre uguale, gli smaccati favoritismi per la Roma di Ranieri... tutte cose che c'erano, solo che eravamo così forti che si poteva anche (colpevolmente) far finta che non ci fossero.


Mourinho, andandosene, disse "Ve la faranno pagare cara". Con la sua intelligenza, aveva già capito tutto. E, puntualmente, è accaduto. Ma il problema, il vero problema, è che non ha mai smesso di accadere. E il difetto, il vero grosso difetto del nostro sistema-calcio (e del nostro sistema giudiziario, che però nel merito non poteva fare molto altro), ha origine proprio in quella benedetta sentenza del luglio 2006 (era il mio compleanno, il 14, quando i ladri vennero mandati in B, e non lo vissi come regalo, ma con fastidio, perché la pena era ridicola).


In quel luglio 2006 si andò a colpire la cupola rossobianconera (eh già, perché in molti sembrano dimenticare -- aiutati dai giornali di regime -- che il Milan c'era dentro fino al collo e pure fino alle narici), e fin qui tutto bene, ma non si poté (o non si volle) portare a termine il compito.


Ovvero, decapitare tutto il "corollario" di quel sistema marcio, il sostrato che gli aveva permesso di vivere e prosperare e che, a otto anni di distanza, si è rivelato fondamentale per il processo di rovesciamento della realtà che -- è inutile negarlo -- ormai ha preso piede definitivamente nell'opinione pubblica. Colpire la Juventus e il Milan (e in parte la Fiorentina) senza preoccuparsi di estendere le denuncie e le condanne a chi, dall'esterno, non solo permetteva a Moggi & Co di fare ciò che volevano quando volevano, ma addirittura di passare per genii e santi dell'orbe calcistico, è stato il vero, enorme difetto che ha reso monca e irrimediabilmente inutile l'Operazione Calciopoli.


Sto parlando dei giornalisti sportivi amici degli amici, ovviamente. Il vero problema è che, se Moggi e Meani e schifezze varie sono finiti in galera o ci finiranno, tutti i loro compagni di merende sono rimasti esattamente al loro posto, e hanno reagito con veemenza inaudita per restaurare il sistema sulle cui spalle avevano mangiato e prosperato come parassiti per lustri, se non decenni.


Le redazioni sono rimaste le stesse, i capiservizio sono rimasti dov'erano, nessuno ha dovuto pagare niente (eppure, a quei famosi "pranzi informali", oltre ad arbitri e dirigenti, c'erano anche loro). E così, con una "rivoluzione a metà", si è consentito a persone che occupavano e occupano ruoli-chiave per il pilotaggio dell'opinione pubblica di restare incollate alle loro poltrone e, da lì, continuare bellamente a eseguire i "pizzini" che provenivano dalla rete di potere che era stata solo apparentemente smantellata.


E' un po' quello che è accaduto in Nicaragua alla fine degli anni Ottanta, quando il Frente Sandinista arrivò finalmente al potere e, invece di fare piazza pulita degli ex-torturatori dei Contras, promulgò un'amnistia di pacificazione nazionale. Risultato? I Contras non smisero di torturare, una volta liberi, e la splendida rivoluzione nicaraguense rientrò nel giro di pochi anni.


Dobbiamo capire -- ora più che mai -- che, se ci ritroviamo a otto anni di distanza a commentare ancora il metro di giudizio differente per Amauri e Tevez, o il "rigorino" milanista che arriva puntuale a togliere le castagne dal fuoco sotto il culo degli Allegri Seedorf di turno, è per quel difetto originario. Un difetto a cui non si può, purtroppo, porre rimedio... bisogna fare tesoro dell'esperienza passata e aspettare, ahinoi, che un altro 2006 si profili all'orizzonte. E allora, chissà quando, comportarsi in modo diverso, tenendo conto del fatto incontrovertibile che i mezzi di comunicazione contano molto più di due fischietti, li condizionano molto più dei vari presidenti dell'AIA, e sono addirittura capaci di far sorgere dubbi financo nelle frange più boccalone del tifo interista.



- Stefano Massaron -

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